Vite intrecciate

XXIXGIORNATA DI PREGHIERA E DIGIUNO IN MEMORIA DEI MISSIONARI MARTIRI

Il 24 marzo 2021 celebriamo la ventinovesima Giornata dei missionari martiri. Nella stessa data, 41 anni fa, mons. Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, veniva assassinato durante la celebrazione della messa, punito per le sue denunce contro le violenze della dittatura militare nel Paese.
San Cirillo di Gerusalemme aveva scritto: «i martiri degli ultimi giorni supereranno tutti i martiri».
Infatti la vicenda martiriale della Chiesa non si è chiusa con le passioni dei primi martiri cristiani, e neanche con le schiere di nuovi martirizzati nei mattatoi della storia del Novecento. Papa Francesco, nel suo magistero, ripete che «Sempre ci saranno i martiri tra noi: è questo il segnale che andiamo sulla strada di Gesù».
Sono attuali le parole di san Paolo VI: “L’ora della croce è incombente sul Popolo di Dio: tutti dobbiamo essere apostoli, tutti dobbiamo portare la croce”. Questo discorso certamente sconvolge e urta certe concezioni inesatte della vita cristiana, che tanti vorrebbero comoda, facile, non troppo esigente. Cristo ci vuole forti, ci vuole testimoni coraggiosi, ci vuole credenti coerenti, che sanno soffrire per la propria fede e per la sua diffusione nel mondo: “In silenzio, gratuitamente e sempre per amore”.
La morte di Cristo fu reale, come lo è oggi quella di tanti uomini e donne che credono in Lui. La morte di Cristo fu insensata e brutale. La morte di Cristo e la morte dei cristiani per la fede oggi sono uguali. Il dolore per la sua morte è uguale al dolore per le morti che oggi ci stanno davanti agli occhi. Il dolore di Lui che moriva fu dello stesso tipo del dolore di molti. E anche l’angoscia di Cristo fu la stessa di quella che provano in tanti, in troppi in ogni angolo della terra. La Croce, certamente, non fu una scena teatrale. La morte di Cristo non fu un bello spettacolo, come non lo è per niente la morte di tanti nostri fratelli in queste ore. La Croce di Gesù è la stessa addosso a tanti nostri fratelli. È lo stesso peso, la stessa sofferenza, la stessa condanna sulle spalle di tanti nostri fratelli in Siria, Iraq, Nigeria, Pakistan, India, America latina. Possiamo dichiarare che la Passione di Gesù si svolge sempre sotto i nostri occhi. E come avviene solitamente nel presepe, dove si aggiungono figure e figurine tratte dalla vita quotidiana e dalla cronaca, lo stesso avviene per la Passione di Gesù. Di vedere cioè, il volto di Cristo, quello della Madre dolorosa, quello degli amici sgomenti. E anche i tanti volti del Cireneo, che aiuta a portare la croce. La morte dei nostri fratelli è come la morte di Cristo: “ci indicano che la vittoria è solo nell’amore e in una vita spesa per il Signore e per il prossimo” (Papa Francesco)
Già Sant’Agostino diceva: “La passione che tutta la Chiesa continua a sopportare nei suoi martiri”. “Per fede i martiri donarono la loro vita, per testimoniare la verità del Vangelo che li aveva trasformati e resi capaci di giungere fino al dono più grande dell’amore con il perdono dei propri persecutori”. (Benedetto XVI, PF, 13).
Considerate: noi, in Italia, possiamo andare a Messa come e quando vogliamo, mentre in altre parti del mondo c’è chi per farlo rischia la vita. Pensate a quanto vale per loro partecipare all’Eucaristia, e quanto può costare: persino la vita! Anche oggi c’è chi dà la vita per Cristo: quale lezione silenziosa e potente viene a noi, cattolici un pò tiepidi e un pò annoiati, da tanti fratelli!
Il sangue dei martiri saprà fecondare la nostra fede ‘tranquilla’ e farci capire cosa significa la parola sacrificio, una parola così impopolare alle nostre latitudini? Il sacrificio dei missionari martiri è la partecipazione al sacrifico che salva tutti gli uomini, quello di Cristo sulla Croce.
Anche oggi il martirio è la realtà attraverso cui traspare la potenza della presenza di Dio nella storia degli uomini. Con il martirio, la testimonianza della fede al mondo diventa più credibile, proprio perché capace di suscitare domande e di inquietare le coscienze. Chi ha una ragione per morire, rende più manifesta ed evidente la ragione che ha per vivere! E per un cristiano questa ragione ha un nome e un volto: Gesù Cristo.
Come disse san Giovanni Paolo II: “Occorre che le chiese locali facciano di tutto per non lasciar perire la memoria di quanti hanno subito il martirio”.
I missionari martiri, testimoni della fede, hanno percepito la presenza di Dio nella loro vita e per questo hanno abbracciato la stessa sorte dei perseguitati, degli impoveriti e degli ultimi. Hanno intrecciato le loro vite con quella del Padre e dei fratelli scegliendone lo stesso destino: non la morte ma la vita eterna.
Sull’esempio di chi ha saputo e sa trasmettere la fede, anche nella persecuzione, nutrendola con la preghiera e la Parola di Dio, imploriamo dal Signore la pace religiosa in ogni nazione.

mons. Michele Carlucci