“Voce del Verbo”
Anche quest’anno durante la Quaresima siamo invitati a celebrare la Giornata dei Missionari Martiri. Giornata che si qualifica come preludio tanto del Venerdì Santo, quanto della Pasqua.
È giorno di preghiera e di digiuno, come la Celebratio Passionis Domini, in cui viviamo e metabolizziamo la morte, il sacrificio, la crudeltà e la sofferenza che attanagliano questo mondo e la sua gente. Ma anche giorno di festa, di resurrezione, di assunzione della consapevolezza che l’epilogo della vita umana non è che una fase transitoria.
È una imperdibile occasione di ascolto di coloro che spendono la propria vita per la causa del Vangelo; orecchie e cuori aperti alla voce soffocata dei popoli oppressi che i missionari incontrano ogni giorno sulle strade del mondo.
La scelta della data non è casuale: il 24 marzo del 1980, veniva assassinato mons. Oscar Romero a San Salvador da militari suoi connazionali, fedeli al regime. La ragione del martirio del Santo de America era proprio la vicinanza agli ultimi, ai salvadoregni schiacciati da un sistema di protezione delle élites a guida del Paese, che operava soprusi sul popolo contadino e operaio. L’invito, pronunciato dall’arcivescovo, il giorno precedente al martirio, nei confronti dell’esercito e della polizia, giunge fino a noi come monito di liberazione: “Vi supplico, vi prego, vi ordino in nome di Dio: cessi la repressione!”. Si è fatto voce di chi non aveva voce, dando così voce a Colui che ha voluto prendere “carne” e mettere la sua tenda in mezzo a noi: l’Emmanuele.
La voce dei martiri, che è Voce del Verbo, del Dio fatto uomo per manifestare la sua vicinanza alla fragilità della vita, diventa da sempre seme, germoglio per le comunità cristiane. Non è un caso che i primi santi della Chiesa sono proprio i martiri. Voce del Verbo è la necessità di amare, accogliere, abbracciare, donare, consolare, proteggere, curare, andare: i martiri sono “voce” del Verbo che ci ha mostrato, con la sua vita, il vero volto del Padre.
Il missionario martire, perciò, non giace nella tomba ma è più vivo che mai nelle donne e negli uomini che hanno ascoltato dalla sua voce la Buona Notizia di Gesù.
Auguro a ciascuno di noi di vivere la Quaresima e la Pasqua come laboratorio delle nostre vite, di sperimentare il totale abbandono di sé per ritrovarsi risorti in Cristo. Che i missionari martiri siano il faro della nostra fede che punta a Dio, Padre di un mondo nuovo che non conosce la miseria, la fame, l’oppressione, la discriminazione, la guerra e le ingiustizie, un mondo in cui l’esistenza è unicamente amata in Lui.
Michele Carlucci