Relazione Ufficio Missionario 2021

Prima di tutto esprimo gratitudine sincera ai confratelli che non hanno chiuso il cuore alle sofferenze particolari, allargandolo agli orizzonti di tutta la Chiesa, per soccorrere quelle comunità bisognose di aiuti, dando così forza all’annuncio del Vangelo fino agli estremi confini della terra.
Nel 2020, anche a causa della pandemia, l’animazione missionaria nell’Arcidiocesi è stata fatta con incontri parrocchiali nelle varie zone pastorali per sacerdoti e delegate/i missionari.
Le varie giornate missionarie (GMM e POSPA, POIM, Lebbrosi, Missionari Martiri e adesione alla UMC) sono state incoraggiate soprattutto attraverso lettere indirizzate ai confratelli, ai religiosi/e.
La veglia missionari è stata presieduta da S. Ecc.za Mons. Domenico Scotti nella parrocchia di Santa Maria Maggiore in Vasto; mentre la veglia per i missionari martiri è stata guidata da me nella parrocchia SS. Salvatore in Pollutri e trasmessa via streaming.
C’è ancora una scarsissima adesione tra i confratelli, i religiosi/e e seminaristi all’Unione Missionaria del Clero. Così come si aderisce all’UAC e alla FACI è vitale per un presbitero o religioso/a aderire alla PUM perché permette di essere informati sulle realtà della missione: informazioni che non giungono con i mezzi di comunicazione soliti, ma attraverso le riviste missionarie “Popoli e Missioni” e “Mondo e Missione”.
A fine gennaio sono state inviate le somme raccolte a Roma, per evitare che la nostra Arcidiocesi non risultasse tra le diocesi che aiutano le chiese in terra di missione. A proposito mi preme ricordare che le offerte devono pervenire entro il 31 dicembre all’Ufficio missionario e bisogna evitare di inviare tramite poste o bonifico bancario proprio il 31 dicembre perché l’accredito avverrà l’anno successivo.
È stato un anno difficile il 2020: pieno di sfide inaspettate. La pandemia ha messo davanti ai nostri occhi uno scenario apocalittico. Sono crollate tante delle nostre false certezze. C’è stata l’umana paura. Un anno veramente doloroso per tante, troppe persone. La pandemia, con la crisi economica e sociale causata dalle restrizioni conseguenti, ha sicuramente focalizzato la nostra attenzione distraendo non poco dalle altre storiche “pandemie” che affliggono (povertà, fame, ingiustizie, conflitti).
Noi chiaramente non possiamo controllare il destino del mondo e lo lasciamo a chi è più grande di noi, ma possiamo e dobbiamo, ciascuno nel proprio piccolo, aiutare a migliorare. Per migliorare è necessario che ognuno faccia la sua parte, ciò che purtroppo, come si evince dalle offerte pervenute, non è stato fatto in tutte le comunità parrocchiali della nostra Arcidiocesi.
Il contributo della nostra Arcidiocesi alle Pontificie Opere Missionarie, nel 2020 è diminuito parecchio rispetto al 2019, perché 52 comunità parrocchiali, chiese sussidiarie e cappelle aperte al pubblico non hanno dato nulla (di queste al 30giugno corrente anno, 5 hanno dato la raccolta). Si costata, con tristezza, che non c’è il coinvolgimento di tutti all’azione missionaria universale della Chiesa. È evidente anche che, delle donazioni dei fedeli, alcuni “furbetti” preferiscono non versare tutto limitandosi a una somma non effettiva, ma simbolica o forfettaria.
Il canone 1267 del CJC al § 3, stabilisce: “Le offerte fatte dai fedeli per un determinato fine non possono essere impiegate che per quel fine”. Ciò significa che le collette “imperate”, devono essere messe a disposizione della Chiesa Universale o della Diocesi, non con una somma simbolica o forfettaria, ma reale. Le offerte raccolte in tutte le messe, vanno trasmesse integralmente e non devono essere stornate per altre esigenze, sia pure di carattere missionario. Le iniziative singole e particolari non devono dispensare dall’obbligo di celebrare le “giornate universali”, né sovrapporsi.
Certamente ognuno è libero di realizzare progetti in terra di missione, ma sarebbe cosa buona che in ufficio si conoscessero: sono sempre opere che si realizzano con offerte che arrivano da fedeli dell’Arcidiocesi e che l’Arcivescovo può presentare nella visita ad limina; così anche le adozioni di bambini o di seminaristi: mi risulta una apprezzabile rete costruita da sacerdoti e religiose.
È nota la generosità della nostra gente, personalmente la conosco, avendo servito diverse parrocchie (piccole e grandi). Il popolo di Dio, stimolato, risponde bene.
Nessuno ha il diritto di sottrarre per la propria parrocchia quanto il popolo di Dio dà con retta intenzione per le missioni.
Confrontando parrocchie piccole e grandi si nota come le grandi non versano tutta la raccolta e ci sono parrocchie che ormai da anni non danno niente!
La nostra Arcidiocesi può continuare a vantarsi di essere prima in Italia per numero di adottanti. Penso che soprattutto i confratelli, personalmente, dovrebbero prendere più a cuore le adozioni dei seminaristi indigeni facendo per sé una adozione. Privarsi di 50 euro (impegno per 5 anni) per una adozione collettiva, è sicuramente meno gravoso di certi abbonamenti a riviste o TV private. Mi addolora che parrocchie che avevano tante adozioni di seminaristi indigeni, all’improvviso nulla più! I confratelli indiani e africani, che svolgono il ministero nella nostra Arcidiocesi, sono esempio concreto dell’effetto delle adozioni: loro dovrebbero spronare le comunità a fare le adozioni ma anche a farle personalmente, esprimendo così gratitudine a quanti hanno consentito loro di studiare.
Si dà colpa alla pandemia per la diminuzione delle offerte: non è vero!
C’è poca sensibilizzazione. Ho potuto costatare in occasione dell’ultima giornata dei lebbrosi, seguendo le celebrazioni trasmesse, che non c’è stata una parola su questa giornata e la rispettiva raccolta. Quanta pubblicità è fatta ogni giorno dalle varie associazioni assistenziali, e i nostri fedeli inviano offerte. Se soltanto ne parlassimo! Come sempre il divino Maestro ha ragione: “I figli di questo mondo, … sono più scaltri dei figli della luce” (Lc 16,8).
La nostra gente è generosa. Bisogna guidarla. Non dobbiamo vergognarci di chiedere per chi non ha voce.
I confratelli che non sentono di dover fare le raccolte imperate hanno dimenticato che ogni presbitero è in primo luogo a servizio di tutta la Chiesa? E che l’orizzonte della carità pastorale del presbitero è la Chiesa intera, e con essa ed in essa il mondo intero, senza esclusioni (cfr PO,8). Non hanno il senso universale della Chiesa: il compito missionario è di tutti e i sacerdoti sono consacrati per tutta la Chiesa non solo per la diocesi.
È necessario uscire dalle piccole problematiche di provincia e aprirsi alle masse che non conoscono il Vangelo.
Mi rattrista, altresì vedere come in parrocchie dove la GMM, l’Infanzia missionaria, la giornata dei lebbrosi, ma anche le altre giornate imperate, sono state sempre fatte, è stato reso vano il lavoro di sensibilizzazione fatto dal predecessore.
Spero che l’irrompere del Covid-19 nelle abitudini e nei pensieri della nostra vita quotidiana abbia provocato l’effetto di svegliarci da un lungo sonno, nel quale, forse, la fragilità e la precarietà della vita umana erano state confinate altrove, o considerate un’eccezione riguardante alcune persone più sfortunate di noi.
Mi auguro che questa crisi sia occasione di riflessione per una nuova progettualità e che nessuno adduca ad alibi dell’impegno missionario la precarietà delle risorse.
Il compito di ogni presbitero, mi permetto di ricordarlo, è rendere tutta la comunità soggetto di missione, facendo entrare la missione nella pastorale ordinaria perché tutta la pastorale sia «informata», cioè assuma la forma della missione.
La pandemia ha sicuramente fatto prendere coscienza di essere tutti nello stesso mare agitato, ma, forse, non siamo altrettanto consapevoli di non essere tutti sulla stessa barca: c’è chi sta su uno yacht e chi su una barchetta che naviga con difficoltà. Questa consapevolezza, spero rafforzi, il dovere missionario così come la consapevolezza del radicamento nella Chiesa Universale faccia riconoscere meglio quei bisogni, che da noi non si ha neppure idea.
Concludo ricordando che l’orizzonte della carità pastorale del presbitero è la Chiesa intera, e con essa il mondo intero, senza esclusioni (cfr PO,8).

Mons. Michele Carlucci
Vicario Episcopale per le Missioni